Ci sono incontri speciali che ci viene voglia di raccontare.
Maria Martini è una graphic designer e illustratrice ciociara che vive e lavora a Torino. Dopo esserci imbattuti in rete nei suoi evocativi disegni siamo andati ad incontrarla al Torino Graphic Days, “festival della creatività, della comunicazione visiva e della sperimentazione grafica”.
Da lì a prelevare felici una selezione dei suoi lavori il passo è stato breve: Il nostro shop maceratese “Tandem” ospita poster fine-art disponibili in vari formati, a cui abbiamo dedicato la nostra nuova vetrina :). Come avrete già immaginato, abbiamo pensato bene di intervistarla per scoprirne di più!
1 – Ciao Maria! Partiamo subito da dove ci siamo conosciuti: il Torino Graphic Days, Cosa rappresenta questo festival per te? Ci sono stati altri festival a cui hai partecipato e cosa ti hanno lasciato? Cosa li differenzia?
Ciao! Si i TGD, un gran bel festival. Questa in cui ci siamo conosciuti è la terza edizione e mi piace sempre molto. Quest’anno ho avuto il piacere e l‘onore di partecipare al Cotonfioc, un festival genovese interamente dedicato alle arti visive, all’editoria indipendente e all’autoproduzione. Ero presente al Market come espositore e alla Mostra “Gli Altri – Visto Da Vicino, Nessuno È Normale” con un‘illustrazione realizzata ad hoc e selezionata per il Festival. È stata un’esperienza stupenda che spero di ripetere. Mi piacerebbe avere il tempo di vedere tutti i festival di grafica e illustrazione che ci sono attualmente in Italia, perché stanno aumentando a dismisura e mi sembra che il livello sia molto buono. A partire dal vostro Ratatà :)
Sei ciociara, hai studiato a Madrid ma vivi e lavori a Torino da anni. Come descriveresti le 3 città a livello culturale/artistico/umano in base alla tua esperienza?
Sono nata ad Anagni, una cittadina della Ciociaria, una zona del basso Lazio che pochi conoscono ma che ha un patrimonio culturale ed artistico molto ampio, oltre al buon cibo :) Anche se negli ultimi anni sto vedendo dei cambiamenti, sono molto lenti e mirati soprattutto al turismo. Non credo ci sia ancora un posto per me da quelle parti. Ho studiato a Roma, dove mi sono laureata in Disegno Industriale a La Sapienza. Poi a Madrid ho frequentato un Master in Diseño Gráfico presso la scuola di disegno AulaCreactiva. Torino e Madrid si somigliano molto esteticamente. Sono città ordinate, con delle grandi piazze e quartieri molto vivi. Sono finita qui a Torino un po’ per caso, ma ci sono rimasta perché è una piccola città che offre grandi cose.
Nei tuoi disegni vediamo sempre ritratti personaggi femminili. Ti viene naturale illustrare questo universo o c’è un’intenzione precisa che guida questa scelta?
Io disegno quasi esclusivamente donne, quindi sono loro la mia maggiore ispirazione. Le osservo molto. Quando sono sull’autobus o quando guardo un film, mi perdo ad osservare dei dettagli femminili che un uomo non noterebbe mai. Mi piace immaginare cosa ci sia dietro la scelta dello smalto o cercare di capire lo stato d’animo da come sono pettinate. Mi affascina l’idea di far parlare pochi elementi, come le mani o le sopracciglia o i capelli. Le donne sono estremamente eleganti e forti e determinate e dolci. Ogni dettaglio è meraviglioso nel corpo di una donna.
Usi i tuoi disegni come forma di narrazione? Guardando i tuoi lavori ci viene sempre da immaginare una storia tra i protagonisti e gli oggetti illustrati, grazie alle suggestioni che riesci ad evocare
Finora non sono mai riuscita a disegnare tanto per farlo. Ho sempre aspettato che accadesse qualcosa nella giornata che mi smuovesse lo stomaco. Qualcosa che mi caricasse di una super energia o qualcosa che al contrario mi affondasse. Mi piace avere sempre una doppia lettura nei miei disegni. Non mi piacciono le cose troppo semplici o dirette. Quando guardo qualcosa e solo dopo un po’ scopro un altro significato, mi stupisco come una bambina e mi piace provare a farlo.
Dai alle tue opere dei titoli e in alcune troviamo elementi testuali ad accompagnare i disegni. Che importanza dai alle parole? Ti piace che ci aiutino a interpretare quello che vuoi comunicare? Ti capita di partire da un breve testo e poi illustrarlo o le parole vengono sempre dopo? Si tratta di “parole tue” o a volte sono citazioni che raccogli?
Il titolo è parte fondamentale di una mia illustrazione. A volte arriva subito, già con la suggestione che ho in pancia. Altre volte invece tarda ad arrivare. E in quei casi non chiudo il lavoro finché non metto quel pezzo mancante. Come quando esci di casa e sai di aver dimenticato qualcosa. Resti col pensiero tutto il giorno e ci pensi e ci ripensi perché non sei convinto. Ma poi arriva la parola magica e la riconosci
perché calza a pennello. All‘inizio inserivo sempre dei testi all’interno delle illustrazioni. Pensieri o parole di qualcun’altro, canzoni, preghiere… Non mi sembrava possibile scindere le due cose. Poi invece sono maturata dal punto di vista visivo e ho abbandonato quella caratteristica per fare spazio ad altro, forse di più intimo.
Dicci un disegno di cui sei orgogliosa e ti ha fatto dire: “Questa mi è uscita proprio bene!”
Cavolo questa è difficilissima. Ci sono illustrazioni a cui sono più legata perché mi ricordano degli attimi più intensi. La prima illustrazione che ho fatto senza testi per esempio, mi ricorda la fatica che ho fatto a non metterli e il coraggio che mi ci è voluto, ma anche la consapevolezza di una maturità diversa. Il titolo è “Anguria. Mi hai detto di togliere tutto”.
Come vivi L’idea che i tuoi lavori “si riproducano” e vengano venduti in giro? Ti piace pensare che “viaggino” di mano in mano e di casa in casa o vivi la cosa in maniera più conflittuale?
Questa domanda mi emoziona molto perché è una cosa surreale e magnifica che qualcuno voglia un pezzetto di me. Che lo scelga e che se lo porti a casa e che lo appenda sul letto o in cucina. E che ogni tanto lo guardi ripensando a quella stessa cosa che ci aveva visto la prima volta. Mi piace quando mi scrivono e mi mandano le foto delle loro case con le mie illustrazioni incorniciate e appese accanto ad armadi, piante, gatti. Entro in altri mondi, in altre vite, e spero di portare buone vibrazioni a chi mi guarda, di strappare un sorriso o un sospiro.
Ti saluto con una domanda facile facile: cosa significa per te essere creativi? E pensi che la creatività si possa “allenare”? In che modo?
Per me creatività significa avere una grande immaginazione e riuscire a rappresentare con semplicità una cosa complessa o viceversa, costruire un immaginario intorno a un puntino. L’allenamento serve come in tutte le cose, perché impari più velocemente a fare delle cose. Io quando disegno di più noto la differenza di quando sono più ferma. Però non sono una di quegli illustratori che disegna tutti i giorni, ovunque. Perché aspetto sempre che accada qualcosa che mi smuova il desiderio e la necessità di rappresentarlo. Altrimenti diventerebbe seriale e non mi piacerebbe.
Grazie Maria! Ma ci siamo dimenticati di menzionare una delle tue opere che preferiamo, quindi concedici una domanda extra :) Si tratta del disegno “Ci sono molte strade. Oltre questa qua”. Ci racconti come è nato e come rappresenta per te?
L’illustrazione di cui parli si chiama Stringhe, è uno dei miei primissimi lavori. Ricordo di averla fatta una sera in cui mi sentivo agitata ma non sapevo perché. Ero nel letto e sono finita per caso a leggere un racconto di una ragazza di nome Esperance H Ripanti, che avevo conosciuto poco tempo prima e che sono sicura cambierà il mondo. Il suo racconto si intitolava proprio Stringhe e parlava delle alternative che puoi afferrare o perdere o decidere di lasciar andare. Insieme alla storia lei allegava una canzone de I Cani, Calabi-Yau, un pezzo molto delicato che non avevo mai sentito e che quella sera ricordo di aver ascoltato per almeno 3 ore. La frase “ci sono molte strade oltre questa qua” è a metà della canzone e mi ha catapultata in mezzo ad un incrocio sotto la pioggia.