Tra le cosette strambe che puoi trovare nel nostro spazio/spaccio maceratese Tandem ora ci sono perfino misteriosi timbri intagliati a mano. Si fanno chiamare ex libris e destano la fervida curiosità dei nostri avventori. Ma cosa sono esattamente gli ex libris? L’illustratrice Francesca Dimanuele, creatrice di questi preziosi oggetti ci racconta la loro antica storia.
Ciao Francesca! Come ti è venuto in mente di creare gli ex libris? L’idea degli ex libris è nata per gioco, l’agosto scorso. Sfogliavo un libro sulle xilografie di Duilio Cambellotti e scoprì l’esistenza degli ex libris. Feci ricerche su internet, e mi piacque più l’idea del timbro piuttosto di quella dell’etichetta stampata, ed è stata abbastanza immediata la realizzazione e la scelta anche del packaging, veramente è stato un gioco, solo che ridefinivo ogni dettaglio e ora sta dando i suoi frutti.
Come si sviluppa tecnicamente il processo di intaglio? La tecnica della linoleografia è abbastanza semplice: dopo aver disegnato il soggetto, lo trasporto al contrario sulla matrice, e inizio a incidere con delle sgorbie le parti che devono restare “bianche”, i vuoti incisi, e lasciare invece “salve” le parti che verranno inchiostrate, quindi i rilievi “neri”.
Il bello di questa tecnica che si impara molto in fretta a giocare con il negativo/positivo di un immagine e quindi si migliora la propria capacità di sintesi, il risultato sono delle immagini semplici ma non per questo meno di impatto.
Come diceva Bruno Munari “Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare. Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più della scultura che vuole fare. Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare per togliere, senza rovinare la scultura?”.
La tua formazione antropologica ti è stata d’aiuto in un progetto di questo tipo? Che domanda difficile… forse l’antropologia mi ha aiutata nell’individuare un oggetto che non c’è in commercio, ma di cui la gente evidentemente necessita. Gli ex libris sono nati per l’esigenza di farsi restituire i libri prestati quando questi erano costosissimi e rari. Ora i libri sono abbastanza economici, però il rischio di non rivederlo più una volta prestato è sempre alto. Il libro è un oggetto che entra nel vissuto del lettore, si crea un legame, e il fatto che in seguito l’ex libris divenne semplicemente un modo per decorare e rendere unico il proprio libro lo dimostra. Nonostante questo legame con il proprietario è anche bello condividerlo, scambiarli, è un oggetto che entra nelle dinamiche di reciprocità (la teoria del dono di Marcel Mauss). Ma è anche un oggetto che “ha i suoi tempi”, penso sia abbastanza comune comprare un libro e leggerlo a distanza di molto tempo, come se dovesse “maturare” nella tua libreria prima di essere pronto a leggerlo. Ma quando questo succede con i libri prestati ci si dimentica anche chi ce l’ha prestato… chissà quante amicizie spezzate per un libro non restituito? Magari se ci fosse stato un timbro decorato, seppur in ritardo, lo avremmo riconsegnato.
Quando e come ti sei approcciata al lavoro di illustratrice? La passione per il disegno l’ho avuta fin da piccola, anche se ho scelto scuole e università che non hanno niente a che fare con l’illustrazione, ho sempre cercato di percorrere anche quella strada. Mentre andavo al Liceo Scientifico frequentavo anche i corsi brevi serali della Scuola d’Arte Applicata del Castello Sforzesco (povero mio padre che mi accompagnava e aspettava fuori tutto il tempo!), all’Università a Bologna frequentavo dei corsi privati da un professore e illustratore, Mauro Cutrona; e infine a Parigi ho frequentato diversi corsi e soprattutto all’Académie de la Grande Chaumière.
Il primo lavoro è stato un fumetto che riguardava una super eroina in sedie a rotelle, poi una breve collaborazione con “Rivista!Unaspecie”, un periodico online sulle arti indipendenti, che purtroppo si è fermato. Mi è piaciuto molto lavorare su un libro da colorare per bambini su Ragusa, mi piace soprattutto vedere poi le mie immagini colorate da diversi bambini, ogni volta ti stupiscono.
C’è un legame tra il tuo lavoro e Ragusa? C’è fermento culturale ed artistico nella città in cui vivi? No, non c’è un legame tra il mio lavoro e Ragusa. Per quanto riguarda il fermento culturale ed artistico in città, posso dire che negli ultimi anni sono nate due belle gallerie d’arte ( io personalmente collaboro con Sudestasi Contemporanea ) e vari festival molti interessanti come quello del libro (A tutto volume), della fotografia (Ragusa Photofestival), dei graffiti (Festiwall), del fotolibro (Gazebook)… però penso sia ancora un luogo pieno di potenziale inespresso, che deve solo riuscire a fare sinergia, e forse manca ancora una amministrazione che faciliti iniziative culturali come succede a Bologna, che secondo me dovrebbe essere d’esempio, almeno in questo ambito.
É stato difficile passare da una metropoli come Milano a una realtà più piccola? Sì e no. Sono nata a Milano ma ho vissuto in un paesino fra Milano e Pavia. Mi mancano alcune cose di Milano, soprattutto la libertà di muoversi, penso in particolare ai mezzi pubblici. È stata una scelta dovuta alle mie origini siciliane e al bisogno di un ambiente sociale più piccolo, dove forse la qualità della vita è migliore, e sicuramente alla natura che qui è appena a due passi fuori città.
NB: FRANCESCA DIMANUELE FA ANCHE UN SACCO DI ALTRE COSE